Lo Scudetto è gran merito di Pioli. Non di Maldini, Ibra o Elliot.
Un minuto dopo la conclusione del campionato Stefano Pioli, si è lanciato in tutta la sua genuina modestia in ringraziamenti a destra e manca, dai giocatori singoli al gruppo in sé, da Maldini a Massara, da Gazidis alla società tutta.
Ma in realtà il vero artefice del successo milanista è proprio lui “Pioli is on fire!”. È proprio vero, il mister è stato tutto l’anno sul “fuoco”, o meglio sulle “spine” dovendo fare i conti con un organico non eccelso e le varie emergenze che si sono create via via.
Per questioni di bilancio ha visto andar via due giocatori importanti, Donnarumma, campione d’Europa e Calhanoglu, l’uomo più tecnico dell’organico delle precedenti stagioni. In compenso gli sono arrivati un portiere nuovo, Maignan, da inserire in sostituzione del totem Donnarumma, un difensore Ballo-Touré da sgrezzare, due ultratrentenni come Giroud e Florenzi, un cavallo di ritorno come Bakayoko, oltre a Junior Messias una incognita presa in prestito dal Crotone e come terzo portiere il trentanovenne Mirante.
Maignan si è inserito alla grande risultando uno dei quattro giocatori più determinanti di questo Milan (gli altri sono Leao, Hernandez e Tonali). In difesa ha perso da subito il perno Kjær e quindi ha dovuto accelerare la crescita di Tomori, tentando altre strade per i compagni di reparto come Kalulu, Romagnoli e Gabbia. Kalulu è cresciuto tantissimo assieme a Tomori contribuendo a blindare la prima difesa d’Italia. Calabria è entrato sempre in appoggio al centrocampo e, una volta calato fisicamente, è stato ben sostituito dall’inossidabile Florenzi. A sinistra Theo Hernandez ha ricevuto da Pioli la nuova ipotesi di gioco riguardanti più percussioni centrali che di fascia. A centrocampo si è avvalso di un Tonali fortissimo e molto convinto dei propri mezzi e mi domando quanto abbia influito il lavoro giornaliero di Pioli in questa e altre crescite personali di alcuni giocatori. Kessie, all’ultima stagione con il Milan, poteva rappresentare un problema per i tifosi, ma non per il mister, che lo ha fatto ruotare anche nel ruolo di trequartista nelle partite più complicate. Bennacer è stato il secondo di centrocampo a rotazione, mentre Brahim Diaz ha svolto solo in parte il ruolo di rifinitore lasciato vacante da Calhanoglu, risultando alla fine più utile a partita in corsa. A completare il centrocampo Pioli si è inventato un jolly con Krunic, utilissimo nell'agire in tante zone del campo. Sulla destra ha inventato Junior Messias di fascia in alternanza con il podismo di Saelemaekers e l'esuberanza di Castillejo. A destra ha sdoganato Leao facendogli comprendere che sulla trequarti non esiste solo la percussione esterna, ma anche l’accentramento per scardinare le difese con la sua notevole progressione palla al piede. Pioli ha anche avuto problemi con le punte in quanto Ibrahimovic e Rebic sono stati fermi a lungo ai box e il solo Giroud ha ben svolto il ruolo di centravanti di riferimento con pochi goal all’attivo, anche se il più delle volte determinanti per il risultato.
Le continue emergenze causate dal Covid e dai numerosi infortuni avrebbero potuto abbattere qualsiasi allenatore. Invece Pioli ha cementato un gruppo compatto e ben preparato, ha praticato un gioco lineare con una costante occupazione degli spazi e con veloci ripartenze oltre a praticare sui giocatori una pressione positiva costante che ha permesso di rimanere tante volte in partita e alla fine ottenere il bottino dei tre punti.
Per questo dico che il gran merito di questo scudetto debba andare a Stefano Pioli. Ha ricevuto dal management un organico composto da incognite da verificare sul campo, prestiti, giocatori da usato sicuro e qualche giovane di prospettiva. Un lavoro notevole e certosino quello di Pioli che raccoglie ora i suoi frutti con un importante successo sportivo e riconsegna alla società Milan una ricapitalizzazione verso l'alto del valore dei singoli giocatori. E di questo Elliot non può che essere felice...