FABIO TREVES: Il Puma "rossonero" di Lambrate
Fabio Treves. Il Blues in Italia è lui. Armonicista e cantante, è denominato il “Puma di Lambrate” per fare simpaticamente il verso a uno dei suoi miti del Blues, il “Leone di Manchester” John Mayall.
Ha al suo attivo 21 dischi e un centinaio di collaborazioni importanti con artisti italiani in oltre 40 anni di attività. Ha suonato con Frank Zappa, ha registrato un disco con Mike Bloomfield, ha aperto i concerti di Little Steven, dei ZZ Top al Palatrussardi e l’anno scorso a tutte e quattro le date italiane dei Deep Purple. Quest’anno ha aperto il concerto di Roma del Boss, Bruce Springsteen.
Dimenticavo, è appassionato di calcio, un grande milanista, tanto da essere individuato da parte dell’Assemblea dei Piccoli Azionisti come membro di un ipotetico Consiglio d’Amministrazione del Milan assieme a Rivera, Baresi, Maldini, Boban, Seedorf, Albertini e altri.
Quando pensi al calcio in questo momento storico, quale sentimento affiora principalmente?
T. - Purtroppo attualmente solo disinteresse e delusione totale su tutti i fronti. Una volta cercavo di far convivere sia gli impegni professionali che quelli delle partite del Milan, ora invece cerco di suonare proprio quando c’è una partita del Milan... Ultimamente però va un po’ meglio grazie a questo buon inizio di stagione del Milan...
Ti piace il calcio di oggi?
T. - Non mi riconosco più, non mi dà più quegli stessi stimoli, sensazioni che una volta invece il calcio mi dava.
Il Calcio Italiano avrebbe bisogno di un nuovo rilancio. Se tu potessi decidere, quale sarebbe il tuo progetto e con quali idee?
T. - Il Progetto è investire sui giovani, come sempre. Far crescere il movimento giovanile ma non come è gestito a livello del calcio maggiore. Purtroppo è un discorso di cultura che si allarga anche ad altri settori. È inutile mettere “Respect” sui volti dei grandi giocatori se poi vai a vedere le partite nelle categorie inferiori e vedi i genitori in tribuna insultare gli arbitri, l’allenatore e gli avversari. Oppure a prendere come esempio di calciatore Balotelli.
A tuo parere qual è stato il più grande calciatore in assoluto della Storia del Calcio?
T. - In assoluto secondo me è difficile dirlo, a causa dei differenti momenti storici del calcio. Se proprio vogliamo sceglierne uno dico Maradona. Poi metto secondo Pelè e terzo a pari merito Rivera, Di Stéfano e tanti altri.
Allora quello italiano è ovviamente Gianni Rivera?
T. - Si, ovviamente Rivera a cui bisogna sempre aggiungere la “Perla Rossonera”...
Da ragazzino, quale giocatore ti ha avvicinato al calcio come passione?
T. - Da piccolo avevo una tata toscana e tifavo velatamente Fiorentina: ricordo pertanto Montuori, Cervato, Segato ecc. che vinsero lo scudetto nel 1956. E poi crescendo, nel tempo, sono arrivati i giocatori del Milan, Liedholm, Nordahl, Altafini, ma anche quelli dell’Inter, Mazzola, Jair da Costa, il mitico Facchetti. Io sono sempre stato un amante del calcio. Ho sempre tifato a favore, mai contro, e quindi sono tanti i giocatori che mi hanno affascinato e mi ha fatto piacere vederli in azione.
Qual è stato il talento più inespresso mai visto, che avrebbe potuto dare di più?
T. - Ce ne sono talmente tanti. Potrei dire Balotelli, ma non lo considero un talento... Penso a tutti quelli molto bravi che poi hanno dovuto fermare il proprio percorso a causa di infortuni invalidanti.
Qual è la partita indimenticabile che ti è rimasta per sempre nel cuore?
T. - Qui non ho dubbi: quella del Milan contro lo Steaua, la finalissima di Barcellona. Vista dal vivo con mia moglie e i miei amici. Ottantamila tifosi all’estero, un intero popolo rossonero che riempì e colorò il Camp Nou.
Qual è il gesto calcistico che ti ha colpito maggiormente? Un goal epico, una parata, una rovesciata, una finta, ecc.
T. - Tantissimi ricordi anche qui. Mi viene in mente il goal di Gullit sempre in quel Milan - Barcellona di Champions ma soprattutto quello, sottostimato, riguardante il coast to coast di George Weah in un Milan Verona a San Siro. Tutti ricordano il goal incredibile di Maradona contro l’Inghilterra, ma quello di Weah per me non fu da meno.
Il tuo “Undici” ideale di tutti tempi? (3 stranieri e 8 italiani)
T. - Anche qui è difficilissima! Comunque metto per passione milanista Cudicini con a fianco però Buffon, a difendere una metà porta ciascuno. Per la difesa non posso non mettere Tassotti e Maldini, sono chiaramente di parte... Avrei fatto giocare insieme Scirea e Baresi, ma non posso metterli tutt’e due. Opto allora per Baresi e Billy Costacurta. Sulle ali ce ne sono tanti. Metto Jair (che adoravo per la sua simpatia e la voglia di giocare a calcio col sorriso) e Riva a sinistra. Poi due olandesi non posso non inserirli, quindi Gullit e Van Basten. In regia ovviamente Rivera, con Lodetti dietro alle spalle (non posso fare uno sgarbo al mio amico Giuanin...). Non faccio per vantarmi, ma questa squadra così composta può vincere le prossime partite col Sassuolo e col Crotone...
Pratichi, o hai mai praticato, sport alternativi al calcio?
T. - Da giovane ero tesserato Fidal e praticavo il salto in lungo e salto triplo. Ho un bel ricordo, in quanto sono arrivato secondo nei campionati provinciali del 1968 con un 6,22 m. nel lungo che all’epoca non era per niente male come misura. Facevo parte della Pro Patria che ha sfornato sotto il presidente Mastropasqua grandi campioni come Preatoni, Cova e altri. Era divertente e si andava in trasferta. Mi reputo un buon ciclista e poi sono molto appassionato di rugby.
Oltre al calcio e ovviamente al blues coltivi o hai coltivato altre passioni?
T. - La fotografia. Da quella che era una pura passione è diventata col tempo il mio lavoro. Assistevo ai concerti di musica in giro per l’Europa e così sono venuti i primi scatti all’Isola di Wight, a Jimi Hendrix e B.B. King. Ho fotografato i grandi bluesman. E poi dalla fotografia in ambito musicale sono passato a quella di moda, di reportage, fino all’insegnamento in un istituto professionale per tanti anni. È stato proprio il mio mestiere.
Quale auto posseduta ti è rimasta indimenticabile?
T. - La mitica Citroen Dyane colore azzurro, con cui ho girato in lungo e in largo e con cui sono andato all’estero, a vedere i concerti dei Pink Floyd, di John Mayall, degli Who, dei Led Zeppelin. Tra l’altro era l’auto degli hippies, dei pacifisti e andava a 95 km all’ora. Era il fantastico mondo dei sixties e mi fa piacere ricordarlo.
Sei collezionista di qualcosa?
T. - Non sono un collezionista tradizionale di francobolli, orologi o altro. Però colleziono, per modo di dire, le camicie hawaiane. A dire il vero, ho in effetti la passione per i vinili d’epoca.
Ultimo giochino, ti nomino tre campioni del calcio, Gianni Rivera, Lionel Messi e Johann Crujiff, da accostare ai campioni del blues.
T. - Gianni Rivera è il Muddy Waters del blues, nel senso che Muddy Waters ha inventato un vero e proprio stile nel suonare la chitarra, nel cantare, nelle esibizioni dal vivo, così come Gianni per il calcio.
Lionel Messi, lo vedo come un cantante armonicista dello stile Chicago, molto grintoso, piccolotto che si trasforma anche in un'ottima spalla. Alla Sonny Boy Williamson, per intenderci.
Johann Crujiff, è invece un altro chitarrista leggendario, B.B. King! Un grande interprete del blues e della chitarra dai tanti estimatori nei decenni, come del resto Cruijff ne ha avuti tanti anche invecchiando, passando da giocatore ad allenatore. Sono due campioni, questi, che tra cinquant’anni saranno ancora individuabili come esempi di stile e bravura.
L'ANEDDOTO di Fabio Treves
Treves racconta: "Capitava ogni tanto di giocare di sabato delle partite di calcio con personaggi del calcio e dello spettacolo nel campo della tenuta di Imbersago di proprietà Moratti. Una volta mi capitò di partecipare a un incontro in cui erano presenti lo stesso Moratti, Rivera, Jair, Corso e Facchetti. Erano partite giocate in totale semplicità e amicizia, senza arbitro, con grandi campioni e dilettanti. Una volta nello spogliatoio fui raggiunto da Facchetti che mi disse: "Treves, se ti vuoi divertire, non cercare di togliere la palla a Gianni Rivera, passagliela sempre perché altrimenti si arrabbia e non ci sta a perdere! Questo è il Gianni...!".
Fulvio Floridia